L'arte del falso

"Oh, certo! Pensi che un attore non si commuova per il dramma in cui recita?
Pensi che il cuore d'un qualche Romeo non sobbalzi alle parole di Giulietta?
 Dove il confine tra realtà e finzione?"
 
 
 
Erving Goffman, sociologo canadese, aveva già capito tutto: la vita quotidiana è solo una grande recita, o almeno per molti, volenti o nolenti. Goffman  riduce la vita ad una sorta di “teatro del quotidiano” in cui si assiste ad una costante “messa in scena”, un po' come in Uno, nessuno, centomila. Pirandello, più profondamente e in maniera più contorta descrive una vera crisi d'identità: il protagonista si rende conto che non è Uno, e che la realtà non è oggettiva., passa dal considerarsi unico per tutti (Uno) a capire che è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi se stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila).
Molto più semplicemente noi tutti recitiamo una parte, ogni giorno, molto spesso incosciamente e involontariamente, semplicemente perchè la circostanza o il contesto ci obbliga a farlo. Anche solo il nostro modo di parlare lo dimostra o il nostro semplice abbigliamento, quando siamo con i nostri amici per esempio siamo diversi da quello  che siamo sul posto di lavoro.
Fino a qui niente di male, d'altronde è la vita sociale che ci impone certe regole e certi comportamenti, ma come sempre c'è chi esagera e indossa maschere che poi si dimentica di togliere oppure recita a copione la stessa parte.
Io li chiamerei "la banda dei falsari", come il vecchio film., certo recitare richiede grandi doti, ma anche un gran pelo sullo stomaco. E' una vera arte, l'arte del falso.
Come direbbe Gogol, questi soggetti non hanno una faccia.
Sono facce qualunque, cosi' cosi'.
 

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